venerdì 17 aprile 2009
Quasi quasi spengo la tv...
Ho trovato un interessante articolo su Terranauta sul rapporto bambini TV dal titolo "La droga televisiva".
Le statistiche dicono che i bambini stanno troppo tempo davanti alla televisione. Personalmente sono dell'opinione che non si dovrebbero superare le due ore giornaliere, salvo eccezioni. Anche meno se si utilizza il pc. E dovendo scegliere tra tv e pc non avrei alcun dubbio: il pc.
Il pc richiede al bambino di compiere molte più azioni rispetto alla tv: non deve solo ascoltare e guardare ma interagire in modo attivo. Con conseguenti e positive ricadute sui piani cognitivo ed emotivo.
Sul fatto che il guardare troppo la tv abbia effetti negativi nella crescita di un bambino, la maggior parte degli esperti è concorde, ma ancora non è stata trovata una risposta soddisfacente, organica, omogenea, concreta.
E' certamente la famiglia a doversi preoccupare della regolamentazione del tempo di visione tv, ma è corresponsabile anche chi definisce i palinsesti televisivi, i contenuti proposti in determinate fasce orarie. E sono corresponsabili anche gli amministratori comunali che non rendono disponibili aree, servizi alla famiglia, strade per bambini che favoriscano la vita sociale nel territorio. Insomma, il discorso, a volerlo affrontare approfonditamente, richiederebbe certamente maggior tempo di un post su un blog.
Una buona abitudine, come già tante famiglie fanno, è di tenere spenta la TV durante i pasti principali. La tv accesa a tavola, salvo eccezioni, interrompe il dialogo, monopolizza, distrae, e ha una buona responsabilità nell'abbassamento della qualità relazionale in famiglia.
Terranauta: La droga televisiva
Aggiornamento 14 maggio 09:
Parlando di buone pratiche (sociali e autodeterminate) vi segnalo un recente articolo di come possono rispondere i cittadini attivi di fronte ad una TV che ignora il rispetto verso i più piccoli.
Repubblica: Nel paese che ha spento la tv "Così salviamo i nostri bambini"
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martedì 7 aprile 2009
Il National Institutes of Health ha pubblicato i risultati di una ampia ricerca sullo sviluppo cerebrale degli adolescenti che va a vantaggio di quanti ritengono che i comportamenti bizzari degli adolescenti in realtà non siano da attribuire solo a sbalzi ormonali, "crisi d'identità", "disagio giovanile", etc., ma che rientrino nel normale sviluppo fisico di un individuo e in qualunque parte del mondo. La spiegazione è dovuta ad un diverso grado di maturazione di alcune aree del cervello che "fanno sì che i sistemi cognitivo ed emotivo maturino con velocità differenti".
Forse è più semplice attribuire ai giovani tutta una serie di "difficoltà"; nascondendo così, come adulti (genitori,educatori, insegnanti, comunità), le nostre scarse competenze nell'ascolto attivo dell'altro.
La dr.ssa Alessandra Sabetta*, educatrice mi ha inviato un interessante articolo dove viene ben rappresentata la difficoltà di comunicazione tra adulti e adolescenti.
Forse è più semplice attribuire ai giovani tutta una serie di "difficoltà"; nascondendo così, come adulti (genitori,educatori, insegnanti, comunità), le nostre scarse competenze nell'ascolto attivo dell'altro.
La dr.ssa Alessandra Sabetta*, educatrice mi ha inviato un interessante articolo dove viene ben rappresentata la difficoltà di comunicazione tra adulti e adolescenti.
Adolescenti
“Cara mamma,
ti scrivo questa lettera perché ho paura di parlarti. Cioè, non è che ho paura io, il terrore viene dalla tua possibile reazione.
Vorrei spesso confidarti le mie cose, confrontarmi con te e capire se mi sei vicina o se sei solo lì a giudicarmi e insegnarmi, come dici tu.
Tempo fa ho conosciuto un ragazzo, carino, anzi proprio bello. Siamo usciti un po’ di volte, poi lui mi ha detto che se era vero che volevo stare con lui dovevo dargli una prova. Mi ha chiesto di fare l’amore. Tu mi hai sempre detto che certe cose non si fanno, che bisogna fare l’amore solo dopo che ci si sposa ma lui non vuole sposarsi e quindi ho pensato che poteva andare bene lo stesso.
La madre della mia amica invece dice che bisogna farlo solo quando ci si sente pronte e io mi sentivo pronta, quindi andava bene anche in questo caso.
Il fatto che vorrei dirti però è che lui è più grande di me, ha 10 anni di più.. Mi ha fatto molto male, è normale? Le mie amiche non lo sanno perché non l’hanno ancora fatto. La Prof di Ed. sessuale ha detto che un po’ fa male.
Dopo aver fatto l’amore non l’ho più sentito. Il telefono è sempre spento e io non riesco a parlarci. Non so con chi parlare mamma, di sicuro so che con te non posso!
Lascio il diario nel primo cassetto invece che nell’armadio con la chiave, spero che tu lo troverai. Ciao”
Questa lettera è un esempio di cosa possa vivere un’adolescente. Molti ragazzi sentono di non poter parlare con i genitori, hanno paura. Nella spasmodica ricerca dei valori perduti la famiglia va incontro, spesso, ad un duplice delitto: si assiste a volte ad un’eccessiva chiusura che non permette il confronto diretto e, altre volte, ad una falsa apertura che fa sentire il giovane circondato da amici invece che da figure genitoriali.
La Scuola, di contro, non riesce a colmare queste lagune, sia perché è preposta per un affiancamento di tipo meno emozionale, che perché è percepita dal ragazzo come l’anticamera dell’inferno. In altre parole; chi mi dice che l’insegnante poi non lo dirà ai miei genitori?
Non tocchiamo poi il tasto dolente, i mass media. Si fa un gran parlare dei danni che fanno le attuali immagini e trasmissioni sulla mente giovanile.
Insomma, che bisogna fare? Certamente è giusto e normale che i ragazzi vivano dei disagi e si sentano confusi, dato che proprio questa è la peculiarità dell’adolescenza. L’attenzione deve nascere quando il disagio e la confusione portano verso comportamenti lesivi o patologici (droga, ricerca frenetica di provare emozioni, rapporti con persone troppo più grandi, promiscuità sessuale, ecc.).
A mio avviso si intravede la giusta direzione attraverso il dialogo, che non deve essere né atto al giudizio, né all’ascolto passivo e nemmeno all’insegnamento. Facile a dirsi!
Cerchiamo di ricordare come eravamo noi da ragazzi, le emozioni che provavamo e ad ascoltare in maniera partecipe, attenta ed aperta, restando fermi su quelle idee e principi che vorremmo tramandare.
I ragazzi sentono l’anima di chi li ascolta e se si sentono accolti, agiscono sulla base di ragionamenti corretti e mirati a farli star bene. Bisogna cercare di rendere autonomo il giovane e non di formare un nostro colone mentale.
L’autonomia è la strada per diventare un adulto sano e libero di vivere una vita equilibrata.
*Alessandra Sabetta: Dottore in Scienze dell'Educazione. Lavora in privato nel settore pedagogico.
FONTE RICERCA: Le Scienze
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